Newsletter Gennaio 2014

 

2014: ALLA RICERCA DELLA FELICITÀ

 


 Richard Easterlin

 
0) LASCIATEMI VESTIRE I PANNI DEL “CONTRARIAN”

1) IL DOPPIO PARADOSSO DI EASTERLIN

2) FÙ VERO TAPERING?

3) L’ORO RESTERÀ LONTANO DAI MASSIMI, MA…

4) L’INDUSTRIA RIPRENDE FIATO, SOLO ALL’EXPORT PERÒ

5) BANCHE E TESORO DI NUOVO IN BILICO

6) RENZI E L’INCOGNITA DELLE EUROPEE

 

In Sintesi:

LASCIATEMI VESTIRE I PANNI DEL CONTRARIAN

All’arrivo del 2014, non ho brindato alla serenità e alla ripresa. A me suona come una beffa, dato che nella zona Euro la disoccupazione è oltre il 12%, e arriva al 15% se si aggiungono coloro che hanno smesso di cercare un’occupazione. Nemmeno credo ai peana sulla ripresa, che nell’area Euro vuol dire (secondo i 20 maggiori istituti econometrici mondiali) passare da una crescita del PIL del -0,4% nel 2013 a una del +0,3% nel 2014. Ma  quello 0,3% in più sarà caratterizzato da alta volatilità e, soprattutto, dall’ampliarsi del gap tra Europa nord e sud.

Lo spread scende e le borse brindano, ma date un’occhiata alle analisi macro: (2014:BANCHE E TESORO DI NUOVO IN BILICO): il rischio è che nuove preoccupazioni sulla solvibilità del nostro Paese e delle sue banche facciano invertire la rotta degl’investitori stranieri. Anche a livello mondiale è attesa una certa volatilità, che potrebbe guastare la festa di chi specula. La FIAT compra la Chrysler ma non illudiamoci che ciò porterà beneficio agl’Italiani! Presto le due case automobilistiche si fonderanno e quasi certamente arriverà anche un socio forte, il quale non avrà dubbi: il quartier generale passa ad Auburn Hills!

Una “buona” notizia (nel senso che qualche scheggia di ricchezza potrebbe arrivare anche a noi) è che oltre a quello delle Tigri Orientali, anche il PIL dell’America nel 2013 corre! Ad oggi non è ancora noto il dato del PIL nel quarto trimestre ma se -come credo- sarà simile al +4% del terzo trimestre allora l’America chiuderà l’anno vicina al +3%! Un risultato del tutto inatteso dopo che i gufi del QE avevano paventato ogni genere di sciagure. Io lo scrivo già da un po’ : siamo figli di teorie economiche sbagliate! Il traino per una ripresa potrebbe dunque materializzarsi, ma non nutriamo troppe illusioni: nella migliore delle ipotesi noi chiuderemo il 2014 con un PIL come quello del 2013 e attenderemo il 2024 per tornare ai livelli del 2007. Non credo a coloro che temono una grande guerra ma è già sufficiente la guerra economica oggi in corso nell’UE che sta spazzando via il credito alle imprese e spiazzando i margini operativi al di sotto delle Alpi. Nel 1995-96, in due lavori distinti lo avevano previsto: Martin Feldstein, capo dei consiglieri economici e per decenni Presidente del National Bureau of Economic Research, e l’altro di Alberto Alesina, Enrico Spolaore, e Romain Wacziarg. Alesina venne licenziato in tronco. Sostenevano che il Trattato di Maastricht era così mal congegnato che avrebbe provocato un forte aumento delle divergenze economiche e sociali. Vent’anni dopo ci siamo, soprattutto se si tiene conto della “economia della paura” di Paul Krugman: oggi gran parte delle famiglie vive nella paura: di perdere il lavoro, che le pensioni non saranno bastevoli o che le nuove generazioni non abbiano un’occupazione redditizia. Più che altro, sembra una “paura dell’economia” che di per sè deprime consumi e investimenti, ma in compenso ci farà tornare a spendere più intelligentemente.

L’economia non va come Saccomanni vorrebbe farci credere. E in politica: se la Casta sente puzza di bruciato e Napolitano si presta al gioco del rinvio è perchè il vero nemico è il voto di protesta. Meglio rimandarlo al 2015, ma le Europee ci saranno lo stesso, e il sistema (Renzi compreso) rischia la rivolta popolare e l’astensione di massa al voto.

Buon Anno, dunque, e che sia migliore di quel che sembra!


In Dettaglio:

1) 1974-2014: IL PARADOSSO DI EASTERLIN

DOPO QUARANT’ANNI NE SIAMO CERTI: È DUE VOLTE PARADOSSO, ALLA PROVA DEI FATTI

In tempi bui come quelli appena trascorsi, cercando conforto negli annali della scienza economica mi sono imbattuto nella teoria di un rispettabile economista: Richard Easterlin (classe 1928). Sta per iniziare l’anno 2014 ed esattamente quarant’anni fa veniva proposto alla comunità degli economisti il “paradosso della felicità”, come definito nel 1974 da questo professore di economia all’Università della California meridionale e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana, il quale, ricercando le ragioni per la limitata diffusione della moderna crescita economica, evidenziò che la felicità delle persone dipende poco dalle variazioni di reddito e ricchezza mentre si riduce paradossalmente quando il benessere dei vicini aumenta più del nostro. Gli individui avvertono cioè una competizione posizionale! 

 Questo paradosso, secondo Easterlin, si spiega osservando che all’aumento del benessere economico, la felicità umana aumenta fino ad un certo punto, poi comincia a diminuire, seguendo una curva ad U rovesciata.

 

 

Il concetto espresso dalla frase «la ricchezza non produce la felicità» è dibattuto fin dai tempi antichi. Già in Aristotele: «è chiaro che non è la ricchezza il bene da noi cercato: essa infatti ha valore solo in funzione di qualcos’altro» ma questa idea si ritrova anche nel pensiero economico moderno a partire dallo scozzese Adam Smith, il fondatore dell’economia politica, che evidenzia come “il figlio del povero lavora giorno e notte per acquisire talenti superiori ai suoi concorrenti” spinto dall’idea ingannevole che il ricco sia più felice o possieda “maggiori mezzi per la felicità”, ma, in realtà, essendo la capacità di godere dei beni fisiologicamente limitata, l’uomo ricco può consumare poco di più del povero, la cui minor quantità di beni è compensata dalle minori preoccupazioni e dalle migliori relazioni sociali rispetto al ricco che vive continuamente in ansia per i suoi beni, ed invecchia solo e deluso per non aver raggiunto la felicità e per di più invidiato dai suoi concittadini. Anche gli economisti Arthur Cecil Pigou (1920), John Kenneth Galbraith (1958) e gli psicologi Brickman e Campbell (1971) misero in evidenza l’utilità limitata del reddito sul benessere sociale.

Ebbene, ecco un secondo paradosso: seguendo a ritroso il percorso della U rovesciata in tempi di crisi e arretramento economico potremmo sperare di dedurne una “ricrescita” della felicità, che tuttavia non è dato di riscontrare al giorno d’oggi. Per molti motivi. La riduzione del reddito e della ricchezza al contrario generano ansia e incertezza, che a loro volta deprimono i consumi e soprattutto gl’investimenti, innestando una spirale negativa. Insomma la mancata dimostrazione al contrario della teoria di Easterlin sembra ancora una volta dichiarare a gran voce ciò che la “scienza triste” come ripetutamente viene definita quella economica, afferma da quando essa ha visto la luce: la felicità umana non ha alcuna correlazione, nemmeno inversa, con l’economia!

Ebbene, ecco un secondo paradosso: seguendo a ritroso il percorso della U rovesciata in tempi di crisi e arretramento economico potremmo sperare di dedurne una “ricrescita” della felicità, che tuttavia non è dato di riscontrare al giorno d’oggi. Per molti motivi. La riduzione del reddito e della ricchezza al contrario generano ansia e incertezza, che a loro volta deprimono i consumi e soprattutto gl’investimenti, innestando una spirale negativa. Insomma la mancata dimostrazione al contrario della teoria di Easterlin sembra ancora una volta dichiarare a gran voce ciò che la “scienza triste” come ripetutamente viene definita quella economica, afferma da quando essa ha visto la luce: la felicità umana non ha alcuna correlazione, nemmeno inversa, con l’economia!

 

Infine, restando in tema di paradossi, c’è quello del gatto di Schrödinger: (secondo le leggi della meccanica quantistica un gatto può essere contemporaneamente vivo o morto o sinanco una via di mezzo tra i due stati). È evidente che ciò, nella realtà che noi percepiamo, semplicemente non è vero. Così come non può rispondere al vero il fatto che possiamo dichiararci “ricchi” e “poveri” allo stesso momento, a meno che non ci confondiamo alquanto sulla definizione di ricchezza e povertà! Eppure è la situazione paradossale in cui noi Italiani sembriamo trovarci in questo scorcio di nuovo anno: stiamo meglio o stiamo peggio? Non possiamo affermare contemporaneamente entrambe le cose -come fa il ministro Saccomanni- così come non riusciamo a dimostrare che la “decrescita” può essere “felice”!  Provi lui a raccontarlo ai disoccupati e a quella parte sempre maggiore di connazionali che ha appena varcato la soglia della povertà!

 2) 2014: FU VERO TAPERING?

È molto tempo che scrivo nelle mie esternazioni che il “tapering” americano è soltanto un prodotto della fantasia, concepito da eccelsi socio-psicologi per placare gli animi dei conservatori in preda ad attacchi di schizofrenia collettiva (gli stessi che -da investitori- perseverano nel rito orgiastico di continuare a investire e guadagnare in una Borsa che sale quasi solo a causa del Quantitative Easing)! Potremmo disquisire senza fine delle conseguenze econometriche che -nel lungo termine- potranno scaturire dalla manovra di facilitazione monetaria che molte banche centrali hanno in corso da anni, ma dobbiamo anche ricordarci quel che diceva Keynes: nel lungo termine noi saremo tutti già morti!

Perciò, quando lo hanno annunciato, mi sono solo chiesto se non fosse solo una vaga rassicurazione della Federal Reserve perché:

1) l’America non puó smettere di pompare liquidità in un sistema economico nel quale industria e ricerca dipendono sempre più dai fondi di un Governo ultra-indebitato che deve sostenere contemporaneamente la pace sociale e la spesa militare;

2) come fa la FED ad affermare che di denaro ne sarà stampato meno e che terrà a lungo bassi i tassi d’interesse, anche dopo che le statistiche avranno indicato un più accettabile livello di disoccupazione? Come li terrà bassi? È dire: non esagererò e, se otterrò pace sociale e piena occupazione senza troppi sussidi, prima o poi la smetterò di pompare denaro, ma questo dopo: per ora continuo! 

La borsa perciò brinda, la politica esulta…e gli economisti (che hanno fatto sentire la loro stridula voce di inutili e tardive cassandre) avranno qualche numero in più da inventarsi nei loro modelli quantitativi per far credere ai banchieri e agl’investitori (che pagano le loro bollette) che hanno pur sempre la situazione sotto controllo!

 

 

Tutti felici, tutti d’accordo: l’ho sempre detto che il resto del mondo ha ancora tanto da imparare da noi, giullari mediterranei…

3) 2014: IL VALORE DELL’ORO

RESTERÀ LONTANO DAI MASSIMI MA… ALLA FINE LA GUERRA DELLE VALUTE LO RIPORTERÀ IN ALTO?

Nel 2011 aveva sfondato i 1.900 dollari anche a causa della necessità delle banche occidentali di accumulare una garanzia fisica di sopravvivenza. Il primo forte cedimento a metà aprile 2013 quando è passato in un giorno da 1.535 a 1.395 dollari l’oncia. Oggi giace sui 1.200 dollari. D’altronde, chi va a concentrarsi sul bene rifugio per eccellenza, se il mercato sembra migliorare? Dopo la serie positiva di dati macroeconomici in arrivo dagli Stati Uniti, il Tapering e la presunta normalizzazione del ciclo economico mondiale l’oro, che tradizionalmente si apprezza nei momenti di crisi, sembra destinato a declinare. 

 

 

Io invece farei una bella scommessa al riguardo: e se risalisse? La speculazione sarà anche stanca dell’ottovolante, ma il Quantitative Easing mai terminato, la guerra delle valute, la fuga dei capitali da borse e titoli pubblici, la crescita demografica mondiale e l’assenza di certezze di un Occidente che prosegue il suo declino costituiscono una base perché la domanda “finale” di oro non si arresti. Anzi! 

 

4) 2014: L’INDUSTRIA ITALIANA RIPRENDE FIATO

(MA SOLO ALL’EXPORT)

Nel 2013 il saldo Import-Export manifatturiero italiano arriva a 110 miliardi di euro, un record in parte dovuto alla caduta delle importazioni, che dimostra come l’industria italiana abbia già realizzato gran parte dello “sforzo di modernizzazione” tanto invocato dal ministro dell’Economia Saccomanni per accusare qualcuno diverso dai politici di porre un freno all’economia. Non si può peró pensare di esportare tutto quello che le imprese producono. Se crollano i consumi interni a causa di troppo “rigore”, non ci sono incrementi a breve termine sull’export che possono bastare per compensare il fatturato manifatturiero.

Rispetto al gennaio 2008, gli indici Eurostat del manifatturiero italiano indicano nel 2013 un crollo del 23% del fatturato domestico italiano mentre l’andamento all’export del manifatturiero italiano è stato del tutto simile a quello della Germania, restando sopra i livelli pre-crisi. Ciò nonostante, dal commissario europeo alle finanze Rehn e dal presidente della Bundesbank Weidemann arrivano continui richiami all’Italia perché la nostra presunta mancanza di competitività sui mercati internazionali impedirebbe la crescita del PIL. Le cause della crisi attuale dell’economia italiana stanno tutte nell’austerità pleonastica imposta dai governi Monti e Letta, e cioè dall’UE, che hanno falcidiato le capacità di spesa e di consumo degli italiani. Il rigore a senso unico (nessuna riduzione della spesa pubblica, forte calo del potere d’acquisto degl’Italiani) ha distrutto la capacità produttiva e con essa molti posti di lavoro. Si pensi all’emblematico caso Fiat che nel 2014 lascerà l’Italia e con essa una moltitudine di posti di lavoro “pregiati” (leggi più in basso).

 

5) 2014: BANCHE E TESORO DI NUOVO IN BILICO? 

Il sistema oligopolistico delle banche in Italia nel recente passato ha frenato l’economia, ma adesso rischia di provocare il default di Stato. A Dicembre per la seconda volta un’asta di sterilizzazione della Bce ha raccolto soltanto 152,3 miliardi e lasciato un buco di 32 miliardi. Già il 26 novembre era successa una cosa simile. I meno informati si chiederanno: cos’è la sterilizzazione? Per stabilizzare gli spread la BCE acquista sul mercato titoli pubblici ma, per rispettare le consegne di lasciare invariata la massa monetaria in circolazione (sulla base di oramai obsoleti timori di inflazione), interviene successivamente con una propria emissione di titoli, drenando dal sistema una quantità di denaro equivalente. A patto che ci siano compratori di quei titoli. Se invece per la seconda volta la liquidità nell’eurozona si è così ridotta che BCE non raccoglie tutti i 184 miliardi di Euro, forse siamo a un bivio: è urgente lanciare un nuovo LTRO ovvero monetizzazione dei debiti pubblici con un QUANTITATIVE EASING che espanda la massa monetaria. Cosa che non sarà mai accettata dai tedeschi!

È chiaro che tra i titoli pubblici degli stati periferici acquistati dalla BCE e quelli emessi da lei stessa c’è un mismatching dei rischi. Se altre “aste di sterilizzazione” falliranno, l’UE chiederà agli istituti di credito di predisporre accantonamenti a bilancio per le perdite potenziali su quei titoli. Ma un altro LTRO non è stato deliberato e nemmeno gli acquisti sul mercato di titoli della BCE: il programma SMP non esiste più e l’OMT, che dovrebbe averlo sostituito, rischia di non decollare, visto che sul suo futuro pende il giudizio della Corte costituzionale tedesca, che potrebbe aver già deliberato da tempo, attendendo di comunicare l’esito quando farà più comodo. Chi aiuterà allora le banche italiane a trovare capitali o accantonamenti per i rischi di svalutazione dei titoli di Stato posseduti?

Un tardivo LTRO non basterà a rimuovere i timori di emorragie degli istituti di credito. In quel caso le banche torneranno ad accantonare capitale liquidando le posizioni sui titoli azionari e aggravando il credit crunch verso famiglie e imprese. Le borse oscilleranno e il tasso interbancario potrebbe salire, insieme agli spread sul Bund.

Lo scenario è terribilmente realistico e potrebbe avvitarsi, imponendo all’Italia un salvataggio in stile Grecia e Cipro, che imporrà di mettere mano ai depositi bancari e alle riserve auree! Sotto il controllo di Bankitalia, queste ultime fanno gola a tutti i Paesi più potenti, dal momento che l’attuale guerra delle valute mina nel tempo il valore delle medesime. Inoltre la corsa agli sportelli bancari non potrà che spostare capitali verso i Paesi del nord-Europa.

 

 

Morale: senza che Draghi agisca urgentemente sulla liquidità del sistema, le banche italiane non saranno in grado di proseguire nella ricostituzione di riserve di capitale e capacità di erogazione del credito. E senza prestiti a famiglie e imprese, non esiste alcuna possibilità di ripresa per l’Italia. Tra l’altro l’inizio dell’anno, con i riflessi annebbiati dalle bollicine, potrebbe essere l’ideale per lanciare un attacco speculativo. O per applicare una strategia internazionale che ci vuol vedere rasi al suolo. O entrambi, se (a pensar male) sono due facce della stessa medaglia…

  

6) 2014: RENZI ALZA I TONI

È utile chiedersi perché lo fa, visto che tutti in questi giorni si chiedono di che pasta è fatto. Lo fa per affermare la sua supremazia nella coalizione? O per mostrare di aver intrapreso davvero il cambiamento? Per tenere impegnati i giornalisti mentre mette a punto le sue prossime mosse, o per isolare Vendola e D’Alema spostandosi su posizioni più avanzate?

Le riforme del sistema elettorale e delle unioni civili sono argomenti che toccano le corde dell’elettorato di sinistra, ma non rappresentano certo le priorità nazionali, che invece risiedono nelle riforme della giustizia, della burocrazia e nei tagli lineari alla spesa pubblica, divenuti improrogabili perché l’Italia riprenda a sperare di fuggire in extremis dal destino che è già segnato per paesi come Grecia, Cipro e Portogallo, agganciandosi al treno della ripresa delle economie centro-europee.

E’ possibile che Renzi voglia incrementare la sua vis polemica per andare rapidamente ad elezioni e non regalare un vantaggio di risultati a Letta prima di potersi candidare premier, tuttavia è anche possibile che questo significhi che Renzi non è davvero intenzionato a bruciarsi le dita per realizzare quelle riforme “liberal” che proponeva sino all’altro ieri. Già nel ’94 un altro “rottamatore” proponeva di fare una rivoluzione liberale, peraltro con un programma preciso (e poi ampiamente disatteso) e circondato da persone che rappresentavano autenticamente il mondo liberale, come Pannella e Martino. Renzi invece al suo fianco ha gente come Cuperlo!

Oramai però è divenuto chiaro che la sfida politica è nel medio termine non sarà tra diverse ideologie, bensì tra la Casta (con centro-destra e centro-sinistra di fatto uniti) e i “forconi” o il M5S, sebbene non sarei così sicuro che gl’Italiani vorranno votare un populista come Grillo che non ha nemmeno il coraggio di esporsi in prima persona! Il “sistema” rappresentato dal vecchio arco costituzionale oggi ha fatto cilecca e il numero di coloro che a votare non ci andranno proprio, soprattutto alle prossime europee, rischia di crescere a dismisura.

 

Dunque Renzi fa anche bene a cercare di apparire diverso e “rottamatore” per agguantare gli elettori di centro, da sempre gli artefici della vittoria in democrazia, e per evitare di veder evaporare velocemente il suo elettorato di base, troppo eterogeneo, tra ex-comunisti ma anche benpensanti, forconi, ex-leghisti, e disorientati. Ma ha un cammino difficile davanti a sè qualora non riesca a rinnovare i ranghi del PD e non faccia una vera e propria alleanza con Letta, che a Palazzo Chigi resta almeno sino a quando c’è Napolitano al Quirinale.

La situazione generale del Paese è tale che nessun politico ha oggi davvero il coraggio di dire agl’Italiani cosa li aspetta nei prossimi anni, a quali sacrifici dovranno andare incontro per sperare di far riprendere quota al Paese, nessuno, nemmeno Renzi. Perciò attendersi chiarezza e certezze da un esponente dell’ “arco prostituzionale” è come attendersi lealtà da un babbuino o misericordia da un boia: è impossibile! Quindi il dibattito politico “vero” finisce per poggiare tutto sulla più grande delle questioni: il sistema di potere attuale riuscirà mai a riformarsi dal suo interno, o dovrà essere abbattuto dalla quasi-rivoluzione di un populista di turno (rivoluzione probabilmente scellerata e che non potrà che impoverirci tutti) per essere infine spazzato via dalla restaurazione che quasi certamente ne seguirà?

Visto che la montagna di minacce di stagnazione, disoccupazione e ulteriori problemi al crescente debito pubblico e i vincoli di austerità che l’UE continua ad imporci, non partorisce l’ovvio topolino dei tagli lineari alla spesa pubblica e della liberalizzazione del mercato del lavoro, temo tanto che alla fine vincerà il populismo, sulle ceneri di politici come Renzi che, in altri tempi, sarebbero piaciuti anche a me!

 

Stefano L. di Tommaso