IL "SETTIMO SIGILLO" E LA POSSIBILE RIPRESA DELL'ECONOMIA ITALIANA

« Quando l’agnello aprì il settimo sigillo nel cielo si fece silenzio, vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe »
(San Giovanni, Apocalisse 8,I)

Mentre in questo scorcio del nuovo anno le Borse e i mercati finanziari sussultano, ma crescono, il gettito fiscale statale preoccupa, ma aumenta, lo spread sui titoli pubblici italiani si agita, ma scende, succede qualcosa di apparentemente molto incoerente: le brutte notizie sulla sorte dell’economia delle famiglie italiane si addensano e si fanno più grigie, come le nubi prima di una tempesta!

Il nostro Paese ha negli ultimi dodici-diciotto mesi accentuato le proprie politiche di austerity compiendo di fatto una scelta tra le più impopolari: quella di non ridurre la spesa pubblica nè di incrementare gli incentivi agli investimenti, a favore della stabilità dei conti pubblici.
La combinazione di una serie di nuove tasse, restrizioni al sistema dei pagamenti, incremento della disoccupazione e, soprattutto, del numero di cittadini che tornano -per la prima volta dopo anni- a riaffacciarsi sul mercato del lavoro (non per scelta, ma per necessità; non per aver intravisto nuove opportunità di occupazione, ma solo per ingrossare le fila di coloro che sono in cerca di un posto e non lo trovano) ha strangolato i consumi delle famiglie, la domanda degli immobili, quella dei beni di consumo durevole e sinanco dei generi alimentari, la cui riduzione nei consumi è il sintomo più evidente che la crisi nel nostro Paese è tutt’altro che a una svolta.

La luce in fondo al tunnel di montiana memoria insomma sembra esserci per gli operatori economici, ma non per le famiglie italiane.

Si accentua così, in questo scenario surreale e pre-elettorale che ricorda le nubi prima della tempesta della trama del capolavoro di tutti i tempi della cinematografia mondiale: il “Settimo Sigillo” di Ingemar Bergman, così come il contrasto tra il comportamento dei consumatori -inconsapevoli, ma anche indifesi e assai spaventati dagli eventi- e quello delle imprese e degli intermediari finanziari i quali, in modo simile al nobile cavaliere scampato alle trappole letali della crociata di cui è reduce nella suggestiva trama del film, combattono con la Morte che avrebbe scelto quel momento per falciarli.

Nel film tuttavia il nobile cavaliere decide di sfidare la Morte in una memorabile partita a scacchi che si rivelerà non essere ad armi pari, e tuttavia sarà stata almeno utile per lasciare alla famiglia di saltimbanchi (ai quali potremmo associare la figura dei consumatori italiani) la possibilità di sfuggire ad un tragico destino (la tempesta che sta per abbattersi).

In perfetto stile italiano, nella realtà invece sembra oggi a casa nostra stia avvenendo l’esatto opposto: nel ruolo del nobile cavaliere che decide di giocare con la Morte una partita a scacchi che non potrà mai vincere sembrano trovarsi le famiglie italiane, eroicamente sedute a duellare con una forza più grande di loro, mentre in quello della famiglia di saltimbanchi -che riescono ad approfittare della partita in corso per riuscire a scappare e mettersi in salvo- sembrano trovarsi i principali attori economici del nostro Paese, a partire dalle grandi famiglie industriali, sino alle banche e agli intermediari finanziari, cui sovvengono in extremis le decise iniezioni di liquidità delle Banche Centrali.

I principali operatori economici nazionali insomma, tra una ritrovata capacità di esportazione (anche di capitali) e il provvido sollievo fornito dalle autorità monetarie europee che non possono e non vogliono permettersi il collasso del sistema dei pagamenti, hanno individuato una via di fuga al progressivo sgretolamento della capacità di spesa interna al nostro Paese, della capacità di rimborso dei prestiti, di quella di accumulare risparmi che possono tradursi in attività finanziarie e investimenti produttivi.

In Italia quindi l’obiettivo di stabilizzazione del debito pubblico è stato sostenuto soprattutto attraverso l’incremento di tasse, gabelle (come le autostrade e le utenze in genere) e restrizioni, lasciando la concreta aspettativa di una continuazione della contrazione del potere d’acquisto delle famiglie (disallineato persino da quello degli altri Paesi dell’UE) anche per i prossimi anni, come non si era mai visto dai tempi dell’ultimo conflitto bellico.

Alla decisa contrazione dei consumi e del Prodotto Interno Lordo (attesa significativamente tra l’1% e il 2% anche per il 2013) potrebbero dunque contrapporsi aspettative di inversione di tendenza per i principali operatori economici, soprattutto nella seconda metà dell’anno, con il rischio tuttavia che ciò possa rilanciare verso l’alto i tassi di interesse e, con essi, di nuovo i timori di sostenibilità del debito pubblico italiano!
D’altra parte l’attenzione del Governo (anche all’indomani delle Elezioni) nei prossimi mesi sarà necessariamente puntata al varo di misure che permettano un rafforzamento del tessuto economico nazionale, anche perché esso rappresenta l’unica possibilità di combattere concretamente la trappola della disoccupazione.

Tra queste riforme probabilmente saranno la semplificazione dei vincoli del mercato del lavoro, la riduzione delle regolamentazioni a salvaguardia di commercio, servizi e professioni (tutte in nome di una maggiore produttività) e financo la possibile riapertura dei vincoli alla nascita di nuovi intermediari finanziari, tutte maledettamente utili a ritrovare un minimo di attrattività del nostro Paese per gli investitori di capitale e il cui effetto cumulativo dovrebbe contribuire a rilanciare non poco la competitività dei nostri principali operatori economici, mentre ciò non potrà che avvenire al prezzo di una significativa riduzione dei salari reali.

Queste ed altre considerazioni (tra tutte la prevalenza del peso delle economie nord-europee nelle valutazioni che riguardano i corsi dell’Euro) non lasciano intravedere segnali di indebolimento della Divisa Unica Europea (almeno fino a quando essa verrà misurata contro il Dollaro, ancora più debole) e anzi fanno pensare che l’afflusso di capitali verso le Borse Valori potrebbe addirittura incrementarsi, prima e dopo la tornata elettorale!

Mentre all’opposto non possiamo fare a meno di notare i segnali di crescenti tensioni e divisioni politiche, tanto nel vicino Medio Oriente, quanto nell’ambito dell’Unione Europea (in particolare al cuore della stessa, la Francia, sconvolta da una recessione che potremmo definire del tutto inaspettata dai Francesi stessi) i quali lasciano poche probabilità di concreti passi avanti nell’integrazione fiscale e politica della stessa UE, passi che potrebbero aiutare non poco a riavvicinare gli indicatori economici di base dei Paesi sud Europa a quelli degli Stati del nord.

Anche le prospettive di relativa stabilità di Petrolio, Gas e altre fonti energetiche (principalmente a causa della previsione di minor dipendenza degli Stati Uniti dagli approvvigionamenti nei Paesi Arabi) unite a quelle di un indebolimento significativo della crescita nei Paesi del gruppo BRICS (Brasile Russia India, Cina e Sud Africa) potrebbero contribuire ad un riafflusso di capitali verso gli USA ma anche verso i Paesi europei che saranno riusciti a ritrovare sufficiente competitività e stabilità politica.

Niente Apocalisse dunque, ma il prezzo da pagare per riaffacciarsi alla ripresa, come detto, sarà decisamente elevato, soprattutto per consumatori e famiglie di tutto il Mondo Occidentale (in particolare in Italia) : lunghi anni di stagnazione dei consumi, di riduzione del reddito disponibile dopo tasse e tariffe, persino di contrazione delle opportunità di carriera e mobilità sociale.

Qualcuno osa indicare lo scioglimento dei principali nodi economici nell’orizzonte non impossibile dell’anno 2020, quando la combinazione del contenimento di spesa e debito pubblico, di una finalmente ritrovata produttività del lavoro, del possibile contributo delle innovazioni tecnologiche e della crescente integrazione internazionale (anche dell’industria italiana) potrà far tornare a sperare in un allentamento delle preoccupazioni economiche e in una ricrescita del ceto medio.

Nel frattempo non ci resta che sperare che le trombe nel cielo non suonino troppo forte!