Newsletter Luglio 2014

I DUBBI DELL’ESTATE

(Janet Yellen, governatrice della Federal Reserve)


SOMMARIO:

1) IN SINTESI: “I dubbi dell’estate”
2) LO SCENARIO MACRO: a) “Lo stallo dei mercati finanziari”; b) “Debito e deflazione” c) “Gli immobili tornano a piacere?”
3) I GRANDI CAMBIAMENTI DEL PROSSIMO VENTENNIO :  “Energia e investimenti correlati”
4) INFORMALIA: “Lo studente giapponese”


1) IN SINTESI:

    
                   
 “I DUBBI DELL’ESTATE”

Dopo aver preso atto del fatto che non esiste una locomotiva americana per la ripresa economica (nel 1.trimestre il Prodotto Interno U.S.A. si è ridotto del 2,9% su base annua!) e con la prospettiva di una mancata ricrescita dell’Italia per tutto il 2014 il Governo Renzi comincia già ad avere il fiato corto. La famosa “svolta” (dalla decrescita alla crescita) ogni mese viene spostata in avanti, non perché Renzi faccia melina come il suo predecessore, bensì perché davvero non si capisce come riuscirà a mettere mano alla spesa pubblica né quali saranno gli effetti finali dell’attuale prolungatissima recessione. Nemmeno dai “partners” europei arrivano segnali di cooperazione! Un bel rebus per tutti insomma, che la stessa governatrice della Federal Reserve ha stigmatizzato l’altro giorno affermando pubblicamente che nessuna politica monetaria può da sola salvare il mondo da una nuova possibile crisi.

Di certo,  riforme o meno, in Italia i debiti restano e i disoccupati non svaniscono nel nulla. Nonostante le statistiche sulla disoccupazione parlino del 14% della forza lavoro (più o meno 3 milioni di disoccupati) in realtà in Italia lavorano solo 22 milioni di cittadini, dei quali 6 milioni sono di origine extracomunitaria. Su 60 milioni di connazionali è un bel record di pigrizia (o di sommerso)! Nemmeno nella Francia di Re Sole c’erano così tanti nullafacenti!

Il P.I.L. nazionale scende dello 0,1% nel primo trimestre, con la prospettiva di uno 0,2% per fine 2014, sebbene la produzione industriale del Bel Paese torni a crescere dello 0,8% nello stesso periodo. Però gli investimenti calano di più (dell’1,1%). Insomma non si capisce nulla: se Renzi le riforme le imbroccherà davvero, se la spirale di crescita della spesa pubblica potrà essere frenata, se le aziende torneranno a “girare”,  (con l’export, cresciuto dell0,8% ma anche con gli auspicati rimborsi che la Pubblica Amministrazione dovrebbe sbloccare), se i consumi interni riusciranno a riprendersi anche grazie agli sgravi fiscali. A questo proposito è curioso che a fronte degli oltre €80miliardi di debiti scaduti della medesima il Tesoro mantenga oggi una liquidità quasi uguale (€77miliardi). Cosa aspetta Renzi?

A livello continentale anche l’area Euro riconosce di avere un bel problema. Quel poco di ripresa che c’è stato sino ad oggi nelle statistiche dei Paesi più fortunati è dovuto più a un mix di esportazioni, crescita demografica e flussi migratori che non ai consumi interni. Ciò significa che il benessere dei cittadini adulti nati in Europa non si è affatto ripreso, anzi!  Anche per questo motivo c’è esitazione nel tornare a manovrare i tassi di interesse e si aspetta di vedere se le politiche monetarie espansive avranno effetto sull’economia reale.


 

Quel che invece più che una promessa sembra una solida realtà (seppure differita) è il flusso di denaro che nel 2014 la BCE erogherà alle banche perché a loro volta lo prestino alle imprese (sane). La maggiore disponibilità di credito è già ai nastri di partenza ma stavolta molte aziende italiane non saranno neanche ammesse alla competizione a causa di situazioni patrimoniali e/o reddituali oramai logore e dunque da rimuovere.  A molte di esse occorrerà perciò probabilmente un bel “lifting” oppure un vero e proprio “listing”, per aspirare a prendere davvero parte al gran ballo della ripresa, mentre un numero sempre maggiore di imprese grandi e piccole in Italia più che altrove saranno sospinte a rinnovarsi, a comprare oppure a vendere, a fondersi o a capitalizzarsi, a crescere e a globalizzarsi.


2) LO SCENARIO MACRO:

A) “LO STALLO DORATO DEI MERCATI FINANZIARI”

 

Quel che più stupisce nell’osservare dove vanno i mercati finanziari è che gli operatori convivono oramai da molti mesi con una aurea situazione di “stallo” che rende i mercati finanziari, stragonfi di liquidità artificiale, sereni e (quasi) immutabili nonostante che nel frattempo nel mondo reale accadano fatti straordinari e clamorosi, appaiano novità di rilievo e si susseguano notizie sconvolgenti, ciascuna delle quali negli anni scorsi sarebbe stata ampiamente sufficiente a far scoppiare una bella crisi borsistica globale.

Mentre la “bolla” delle quotazioni azionarie e obbligazionarie si gonfia, contemporaneamente si sviluppano: a) una sanguinosa guerra civile in Ucraìna, b) un mezzo shock gas-petrolifero in Europa, c) la ripresa della Guerra Fredda tra USA e Russia, d) il nuovo primato mondiale dell’economia cinese, e) il ritorno alla crescita economica e all’inflazione in Giappone, f) l’evidenza della mancata crescita in Europa e di una crescita insufficiente nelle Americhe, g) il rischio del ritorno in grande stile del terrorismo di Al-Quaeda h) nuove tensioni e focolai di guerra in Medio Oriente, i) dei pericolosi eccessi nel sistema bancario-ombra in Cina, l) l’aumento delle disparità sociali tra ricchi e poveri nell’intero pianeta…. Dunque il mondo non è certo immobile in questo momento!

Siamo altresì d’accordo con chi afferma che di questi tempi i mercati non si fidano più di nessuno e fanno tutto e il contrario di tutto (fino a quando se lo potranno permettere con la liquidità che li sospinge). Oggi tuttavia gli unici guru ascoltati dai mercati sono i banchieri centrali, anche perché possiedono potenti muscoli per far sì che le loro “indicazioni” si avverino “a prescindere”. A prescindere per esempio dal rischio assolutamente elevato di default dei debiti pubblici di tutto il mondo sviluppato, a partire da quello giapponese.

Da una sponda all’altra degli oceani insomma, i fatti accadono anche più di prima, mentre i mercati veleggiano tranquilli e chi ha investito in borsa continua a godersela allegramente, sebbene si trovi in una situazione che un mio vecchio conoscente definirebbe “sulla tolda del Titanic”.

 

Persino la temuta (e sempre più probabile) instabilità dei mercati prossima ventura si è sino ad oggi fatta attendere, poiché la liquidità in arrivo ha smentito qualsiasi ragionevole previsione di incremento della volatilità, in uno scenario apparentemente incantato e dominato dai diktat dei principali banchieri centrali che, mentre vaticinano, prendono anche iniziative senza precedenti, manovrando la leva monetaria in linea con le loro “previsioni”. Iniziative che al tempo stesso hanno sorreggono le banche commerciali, distorto la curva dei tassi di interesse, lasciato fluttuare nel cielo i corsi azionari, movimentato più del dovuto quelli valutari, e corretto sinanco le statistiche sull’inflazione.

I tassi devono rimanere bassi, essi hanno detto sino ad oggi, perché la tensione sui debiti pubblici si allenti e la disoccupazione si riduca, (per motivi sociali, insomma!) ma sullo sfondo resta il grande dubbio che la cosa sia convenuta assai più alle grandi lobby d’affari internazionali che alle economie nazionali, nonché agli stessi Governatori delle Banche centrali, che in questo modo hanno sterilizzato le politiche economiche dei singoli stati nazionali per privilegiare quelle strettamente monetarie di propria competenza.

Di fronte a questo groviglio di concause che lasciano artificialmente immutata la vetta raggiunta dai mercati finanziari, oggi gli operatori più prudenti iniziano ad aprire gli occhi e a cercare precauzioni (sì ma quali?). Ma tutti si sono lasciati trasportare dalle danze delle quotazioni che si gonfiano la cui musica ha inevitabilmente coperto i primi stridori del ghiaccio che urta contro la carena del transatlantico sul quale -figurativamente- siamo tutti imbarcati!  


B) “DEBITO E DEFLAZIONE ”

Secondo Standard & Poors la necessità di ridurre il debito pubblico italiano   «potrebbe bloccare la ripresa per anni». Mentre il debito settore privato ha visto nel periodo 2006-2013 un incremento del “solo” 76%, molto minore dell’incremento negli altri paesi periferici dell’Eurozona ove è all’incirca raddoppiato. Il debito del settore privato in Italia, attualmente intorno a € 1.800 mld (circa 1:1 con il prodotto interno lordo), è oggi atteso in riduzione del 20% entro il 2020.

La cosa potrebbe persino costituire una buona notizia, dal momento che numerosi studi recenti suggeriscono che un eccesso di indebitamento difficilmente giova alle performance aziendali. È inoltre evidente che quei 350 mld di euro dovranno essere reperiti altrove e probabilmente arrivare dal mercato dei capitali!

La competitività del sistema-paese è dunque al centro dell’attenzione delle Agenzie di Rating, a causa del fatto che -indipendentemente dallo spread dei rendimenti tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi- solo attraverso la strada della ripresa economica il debito tornerà ad essere considerato sostenibile.

Una squadra del Fmi è arrivato la scorsa settimana a Roma per fare il punto nella consueta analisi dell’Article IV: «Sta andando bene come sempre», è emerso da una fonte vicina al dossier. La missione, cui si aggiungerà il managing director per l’Italia Andrea Montanino, si chiuderà tra pochi giorni e aiuterà il resto del mondo a fornire un responso sulle prospettive di attuazione delle riforme strutturali, dal momento che, con il debito pubblico italiano, che resta fuori controllo, c’è il rischio che i fulmini della agenzie di Rating  ci colgano già durante l’estate.

Nel frattempo lo spettro della deflazione strisciante ha creato un allarme in tutta Europa , che peraltro a causa dell’importante avanzo commerciale dell’U.E., viene esportata in tutto il resto del mondo.

 

Da notare che la deflazione viene difficilmente misurata dalle statistiche ufficiali poiché queste ultime si concentrano sui prezzi di panieri di beni di prima necessità e dell’energia che, al contrario, sono addirittura cresciuti.

Ma se i prezzi scendono, i consumi e gli investimenti sono sospinti ad attendere l’arrivo di prezzi più bassi, e se i consumi si riducono le fabbriche chiudono, instaurando una spirale negativa di recessione economica che a sua volta fa temere ulteriormente per chi investe e soprattutto fa fuggire altrove i capitali, alla ricerca di capital gain che da noi non potranno trovare.   

             
C) ” CONTROCORRENTE: GLI IMMOBILI TORNANO A PIACERE?  “

Qualche investitore speculativo americano sta rivolgendo più di un’attenzione al mattone italiano, probabilmente più in virtù degli elevati rendimenti  in termini reali che delle prospettive di ripresa economica, per di più denominati in una valuta, l’Euro, che ancora per qualche tempo sarà dotata di estrema forza nei confronti di dollaro e yen, dal momento che l’Unione Europea e in particolar modo l’Italia stanno accumulando un crescente avanzo commerciale con il resto del mondo. 

George Soros per esempio ha puntato il mirino sulle caserme italiane. Dopo lo shopping in Italia del fondo Blackstone adesso anche il magnate americano ha intenzione di mettere in portafoglio parte del patrimonio immobiliare dello Stato, tramite il suo fondo Quantum Strategic Partners, che avrebbe fatto un’offerta per acquistare i mattoni che fanno parte di Fip (il Fondo immobili pubblici), gestito dalla Sgr Investire Immobiliare (società controllata dalla Banca Finnat della famiglia Nattino).

Nel pacchetto ci sono uffici ministeriali e dell’Agenzia delle entrate ma anche caserme e uffici della Guardia di Finanza e dell’esercito per circa 800 milioni di euro.

Un’ operazione dove Soros non è solo. Nella cordata ci sarebbe anche il fondo Kennedy Wilson. Per il magnate non è la prima incursione sulla Penisola: il marzo scorso acquistò il 5% di Igd (Immobiliare Grande Distribuzione Siiq), cioè uno tra i principali player in italia nel settore immobiliare della grande distribuzione controllato dalla Lega delle Cooperative .
           

3) I GRANDI CAMBIAMENTI DEL PROSSIMO VENTENNIO:

“ENERGIA E INVESTIMENTI CORRELATI”

Uno studio dell’International Energy Agency (IEA) prevede che  da oggi al 2030 – nonostante i clamorosi sviluppi nelle tecnologie e nella produzione di energia da fonti rinnovabili – il prezzo del kilowattora non potrà che  crescere, in conseguenza di una domanda  di energia che salirà costantemente ben più dell’offerta.
 

 

La questione è amplificata dall’auspicata soglia del benessere che riguarderà un numero maggiore di cittadini dei paesi in via di sviluppo, ma anche e soprattutto dalla necessità crescente di  alimentare una popolazione mondiale che si espanderà fino a toccare gli 11 miliardi di individui a fine secolo (+60% dagli attuali 7 miliardi), ricercando inoltre parallelamente anche una crescente qualità dei cibi.

Ciò spingerà non soltanto ad allargare il numero di ettari di terreno coltivati, bensì e soprattutto a coltivare gli alimenti sempre più in serra, in forma intensiva, generando un’importante necessità energetica  aggiuntiva, Come vedremo più oltre tra l’altro obbligatoriamente sempre più in “carbon-free”!

Il punto è che per farlo le energie prodotte da fonti “rinnovabili” non potranno che essere sussidiate affinché per produrle si sviluppino gli investimenti necessari a far coprire loro  una parte significativa del fabbisogno energetico globale entro il prossimo 2030 (quando la domanda di petrolio dovrebbe comunque balzare a 106 milioni di barili al giorno dagli attuali 90). Un significativo incremento della quota di energie “carbon-free” e prodotte da fonti rinnovabili permetterebbe di non incrementare ulteriormente la concentrazione nell’atmosfera dei gas che generano l’effetto serra, responsabili dell’incremento della temperatura media del pianeta.

Ciò avverrà in uno scenario generale che già prevede tra l’altro una crescita costante della domanda mondiale di petrolio, gas e carbone al livello medio del 2% annuo  principalmente a causa della crescente domanda nei Paesi in via di sviluppo. Questa stima porta a ritenere che entro il 2030 il prezzo equivalente di un barile di petrolio non sarà inferiore a 200 dollari, dagli attuali 100 circa.

Per raggiungere un equilibrio nell’emissione di gas responsabili dell’effetto serra però dovranno dispiegarsi assai cospicui investimenti: recenti stime dell’Iea indicano un livello di circa 1.000 miliardi di dollari annui gli investimenti globali necessari a colmare il gap attuale tra domanda e offerta di energia e in ulteriori 6.000-7.000 miliardi di dollari nel prossimo ventennio gli investimenti globali addizionali necessari a mantenere a 450 parti per milione il livello di concentrazione nell’atmosfera dei gas che generano l’effetto-serra (oggi si stima siano a 385 ppm).  La crescita della concentrazione di gas nocivi lascia comunque presumere una crescita della temperatura media del pianeta  di circa 4 gradi nel ventennio successivo, con effetti potenzialmente devastanti.

Dunque  in vent’anni gli investimenti globali necessari al settore energetico ammonteranno all’iperbolico numero di circa 20.000 miliardi di dollari, nonostante che il prezzo dell’energia non potrà che crescere ugualmente, alimentando a sua volta un forte interesse per gli investimenti correlati all’efficienza energetica insieme a milioni di posti di lavoro nei settori collegati alle nuove tecnologie del settore energetico, nella produzione efficiente come nell’immagazzinamento dell’energia prodotta,  in particolare: a) quella proveniente da fonti rinnovabili, b) quella impiegata per i trasporti e la mobilità.

Lo scenario che si prospetta è perciò estremamente allettante e potrebbe bastare di per sè a invertire la non improbabile prospettiva di una nuova crisi economica globale, a condizione che i mercati finanziari non vadano in tilt e che la cooperazione internazionale raggiunga un livello più elevato di coesione.

Tutto questo è inoltre già ben chiaro ai governi delle principali economie del globo, che stanno riorientando le loro politiche industriali in direzione della produzione e dell’efficienza energetica, a partire dagli Stati Uniti, dove si stima che nei prossimi 3 anni il solo settore energie (estrazione di gas e petrolio compresi) potrà creare la bellezza di 2 milioni di nuovi posti di lavoro!  Inoltre la prospettiva di lauti guadagni nella nuova corsa all’oro energetico probabilmente avrà effetti anche nel deviare verso temi di  efficienza energetica le numerosissime start-up “digitali” del futuro, mentre oggi esse sono invece principalmente rivolte all’efficienza nel commercio elettronico.

Si veda in proposito la gigantesca capitalizzazione di borsa, pari a 250 miliardi di dollari, attesa dopo l’estate per la quotazione a Wall Street di Alibaba, colosso del commercio elettronico asiatico.
               
4) INFORMALIA :

“LO STUDENTE GIAPPONESE”
 

Primo giorno di scuola in U.S.A. : la maestra presenta alla classe un nuovo compagno di scuola arrivato da pochi giorni: Sakiro Suzuki, figlio di un alto dirigente della Sony. Inizia la lezione e la maestra fa alla classe:
 – Adesso facciamo una prova di cultura. Vediamo se conoscete la storia americana. Chi disse: “Datemi la libertà o datemi la morte”?
La classe tace, ma Suzuki alza la mano.
– Davvero lo sai, Suzuki? Allora dillo tu ai tuoi compagni!
– Fu Patrick Henry nel 1775 a Philadelphia!
– Molto bene, bravo Suzuki! E chi disse: “il governo è il popolo, il popolo non deve scomparire nel nulla”?
Di nuovo Suzuki in piedi.
– Abramo Lincoln nel 1863 a Washington!
La maestra stupita allora si rivolge alla classe:
– Ragazzi, vergognatevi, Suzuki è giapponese, è appena arrivato nel nostro paese e conosce meglio la nostra storia di voi che ci siete nati!
– allora si sente una voce: vaffanc… ‘sti bastardi giapponesi!
– Chi ha detto questooo!? – esclama la maestra.
Suzuki alza la mano e senza attendere risponde:
– Il generale Mac Arthur nel 1942 presso il Canale di Panama e Lee Jacocca nel 1982 alla riunione del Consiglio di Amministrazione della General Motors a Detroit.
La classe ammutolisce, ma si sente un’altra voce dal fondo dire:
– Mi viene da vomitare!
– Voglio sapere chi è stato a dire questoooo?!?! – urla la maestra.
Suzuki risponde al volo:
– George Bush Senior, rivolgendosi al Primo ministro Giapponese Tanaka durante il pranzo in suo onore nella residenza imperiale a Tokyo nel 1991.
Uno dei ragazzi allora si alza ed esclama scocciato:
– Fammi un pom…!
– Adesso bastaaaaaa! Chi è stato a dire questo?!!? – urla inferocita la maestra!
Suzuki risponde imperterrito:
– Bill Clinton a Monica Lewinsky nel 1997 a Washington, nello studio ovale della Casa Bianca.
Un altro ragazzo si alza e urla:
– Suzuki del c…!
– e lui…..
– Valentino Rossi rivolgendosi a Ryo al Gran Premio del Sudafrica nel Febbraio 2002.
La classe esplode in incontrollate urla di isteria, banchi che volano… la maestra sviene!
Allora si spalanca all’improvviso la porta ed entra il preside furibondo:
– Cribbio! Non ho mai visto un casino simile!
Suzuki prontamente:
– Silvio Berlusconi… Ottobre 2011 nella sua villa di Arcore, dopo aver esaminato i conti di Tremonti!!!
 
  Stefano L. di Tommaso